L’inquinamento del suolo
La contaminazione ambientale può essere definita come “la conseguenza di un’azione umana capace di modificare le proprietà delle condizioni o la disponibilità o qualità delle risorse in un determinato intervallo di spazio e di tempo” [1]. La contaminazione diviene inquinamento “quando raggiunge un livello tale da provocare effetti negativi sugli organismi, le popolazioni, gli ecosistemi” [1].
L’inquinamento del suolo è l’alterazione, antropica o naturale, degli equilibri chimici, fisici e biologici che gli appartengono, quando questo crea un rischio per la salute dell’uomo o la sicurezza e il benessere di altre specie viventi.
Come sappiamo, l’ambiente è una realtà molto complessa, composta da diversi fattori ed in esso un minimo cambiamento può portare a gravi conseguenze. In questo frangente la funzione di maggiore importanza è svolta dall’uomo, il quale, con i propri interventi, ha il potere di risanare determinati aspetti ambientali, ma, molte volte, anche di deteriorarne altri. Le attività umane, infatti, sono la principale causa del continuo degrado del suolo; il cui inquinamento porta, oltre che a gravi conseguenze per la salute dell’uomo stesso, a effetti nocivi sugli ecosistemi, sulla catena agroalimentare, sulla qualità delle acque e dell’aria, sulla biodiversità e sui cambiamenti climatici.
Siti contaminati
Con il termine “sito contaminato” ci si riferisce a tutte quelle aree nelle quali, in seguito ad attività umane pregresse o in corso, è stata accertata un’alterazione delle caratteristiche qualitative delle matrici ambientali suolo, sottosuolo e acque sotterranee tale da rappresentare un rischio per la salute umana.
La legislazione nazionale in materia di bonifica dei siti contaminati, introdotta con il D.M. 471/99, è stata profondamente modificata dal D.Lgs. 152/06 e ss.mm.ii. “Norme in materia ambientale” che, alla Parte Quarta, Titolo V “Bonifica di siti contaminati”, disciplina gli interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti contaminati e definisce le procedure, i criteri e le modalità per lo svolgimento delle operazioni necessarie per l’eliminazione delle sorgenti dell’inquinamento e comunque per la riduzione delle concentrazioni di sostanze inquinanti, in armonia con i principi e le norme comunitari, con particolare riferimento al principio “chi inquina paga” [2].
Siti di interesse nazionale (SIN)
Solo a partire dagli anni ‘90, il problema dell’inquinamento del suolo è diventato centrale nei paesi più avanzati, che hanno adottato politiche ambientali e finanziato la bonifica dei propri territori. Il tema del risanamento ambientale e della bonifica dei siti contaminati sta diventando, solo negli ultimi anni, questione di importanza nazionale per il nostro Paese. In Italia, le superfici terrestri e marine individuate negli ultimi 15 anni come siti contaminati sono davvero rilevanti. Si tratta di un’opera pubblica dalle dimensioni davvero incredibili: secondo alcune stime recenti il giro d’affari complessivo del risanamento ambientale in Italia si aggirerebbe intorno alla cifra davvero astronomica di 30 miliardi di euro [3].
I siti d’interesse nazionale, ai fini della bonifica, sono individuabili in relazione alle caratteristiche del sito, alle quantità e pericolosità degli inquinanti presenti, al rilievo dell’impatto sull’ambiente circostante in termini di rischio sanitario ed ecologico, nonché di pregiudizio per i beni culturali ed ambientali [4].
I siti d’interesse nazionale sono stati individuati con norme di varia natura e di regola sono stati perimetrati mediante decreto del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (ora MiTE – Ministero della Transizione Ecologica), d’intesa con le regioni interessate. Ad oggi il numero complessivo dei SIN è di 42, per una superficie complessiva a terra di circa 170.000 ettari che rappresenta lo 0,57% della superficie del territorio italiano [5].
L’origine dei Siti di Interesse Nazionale deriva per il 69% da attività industriali, per il 29% dallo smaltimento dei rifiuti e per il 2% da altre attività [6]. Queste aree, classificate come le più pericolose dello Stato italiano, oltre a costituire un rischio per l’ambiente e per la salute umana, possono altresì compromettere la crescita di zone di importanza strategica per le loro prerogative storico-paesaggistiche, ovvero per le opportunità di sviluppo del territorio che conseguirebbero al loro risanamento [7].
La procedura di bonifica dei SIN è attribuita alla competenza del MiTE che si avvale per l’istruttoria tecnica del Sistema nazionale a rete per la Protezione dell’Ambiente (SNPA) e dell’Istituto Superiore di Sanità nonché di altri soggetti qualificati pubblici o privati (Art. 252, comma 4 del D.Lgs. 152/06 e ss.mm.ii.).
Eni Rewind
Eni Rewind è presente in oltre 100 siti, 17 dei quali ricadenti all’interno di 13 Siti di Interesse Nazionale, e proprietari di circa 3.760 ettari di aree ex industriali o dismesse in Italia, di cui 1.819 ettari di terreni bonificati o non contaminati e 1.612 in corso di bonifica, per ripristinarne oltre il 75% entro il 2030. La maggior parte delle aree in cui opera Eni Rewind è stata acquisita o conferita per legge negli anni Ottanta e Novanta per la scelta politica di impegnare l’allora ente pubblico, Eni, nelle operazioni di salvataggio di realtà industriali in crisi [8].
Porto Torres e Progetto Nuraghe
ll polo petrolchimico di Porto Torres, tra i più grandi d’Italia, viene avviato nel 1962 dalla SIR – Società Italiana Resine dell’imprenditore Nino Rovelli per la produzione su larga scala di fenolo grazie ai finanziamenti del Piano di Rinascita della Sardegna. Negli anni successivi si aggiunsero olefine, aromatici, cloroderivati, intermedi e gomme sintetiche. Con la crisi del comparto chimico, nei primi anni Ottanta le attività vengono conferite ex lege a Eni, allora ente di Stato, attraverso Enichem che le riorganizza e rinnova con l’implementazione di nuove tecnologie. Tra il 1994 e il 1995 Enichem conferisce le linee di produzione della chimica fine a European Vynils Corporation e a Condea Augusta. Nel 2003, quando Enichem cambia denominazione in Syndial (Eni Rewind), gli impianti produttivi (stirenici, elastomeri e polietilene) passano a Polimeri Europa (Versalis). Oggi Eni Rewind, proprietaria di circa 1200 ettari di aree, di cui meno del 10% interessate da attività ambientali, è impegnata negli interventi autorizzati per la bonifica di suolo e falda con soluzioni sostenibili e innovative, come la realizzazione di una piattaforma polifunzionale per il trattamento in sito dei suoli [9].
Progetto Nuraghe è il nome di un importante intervento ambientale che Eni Rewind ha messo in marcia a Porto Torres per il trattamento e la rimozione di circa 800.000 m3 di materiali interrati e contaminati. Il progetto ha previsto la realizzazione di una piattaforma polifunzionale che può trattare fino a circa 1.000 m3 di terreni al giorno con l’applicazione delle tecnologie più sostenibili, come i sistemi di vagliatura, il trattamento biologico, il lavaggio, il desorbimento termico e l’inertizzazione. La decontaminazione avviene dunque quasi integralmente in sito: per i terreni conformi agli obiettivi di bonifica è previsto il rinterro negli scavi da cui derivano, mentre quelli non idonei vengono conferiti in un deposito permanente realizzato in sito. Inoltre, le acque utilizzate nei processi di bonifica e nella piattaforma vengono trattate in un impianto ausiliare dedicato [9].
[1] Vighi e Bacci, Ecotossicologia 1998, UTET.
[2] https://www.isprambiente.gov.it/it/attivita/suolo-e-territorio/siti-contaminati
[3] Legambiente, Bonifiche dei Siti Inquinati: Chimera o Realtà? 2014.
[4] (Art. 252, comma 1 del D.Lgs. 152/06 e ss.mm.ii.).
[6] Enea, Servizio Bonifiche e Riqualificazione, Riflessioni per lo sviluppo di un Progetto strategico per le bonifiche e la riqualificazione ambientale nel territorio bresciano, guardando all’area ex-Caffaro, Sito Interesse Nazionale N°42, 2013.
[7] ARPAC, Piano Regionale di Bonifica, 2005.
[8] https://www.eni.com/enirewind/it-IT/bonifiche.html
[9] https://www.eni.com/enirewind/it-IT/bonifiche/progetti-bonifica-porto-torres.html